Questo blog si ispira all'opera di Galileo Galilei che fu uno dei padri del metodo scientifico della scienza moderna. E in nome della scienza vera sono impegnato nella battaglia contro la superstizione, il pregiudizio e l’egemonia delle religioni. E una superstizione è quella che alla base del riscaldamento globale ci sono le attività dell’uomo. Niente di più sbagliato, come è detto in molti articoli di questo sito. Marx, poi, la scienza la applicò anche all’analisi della società e degli aspetti economici di questa, traendone la conclusione che è necessaria una società nuova che viva nel benessere e lontano dalle guerre. L’unione fa la forza, contro il malessere e la solitudine.


La scienza rottame, l'epidemiologia e il principio di precauzione

Principio di precauzione: "nel dubbio, ad esempio di fronte a tecnologie di cui non si conoscono i processi di gestione e di controllo dei possibili impatti, si ricorre alla sapienza antica, secondo cui è meglio essere prudenti in condizioni di ignoranza".Sembrerebbe un principio ottimo, e in parte poteva esserlo in società agricolo-pastorali come era quella italiana fino a non molti decenni fa. Ma in una società industrializzata qual è quella in cui viviamo oggi, che si basa su un elevato numero di tecnologie molto complesse di cui i più ignorano i principi e i processi, è ancora così?Perché spesso ci si oppone alle nuove tecnologie? Per timori di possibili conseguenze sulla salute, sull'ambiente o sulla qualità della vita.Sono timori provati? Molto spesso no. Tuttavia, siccome non è possibile escludere in modo certo l'imprevista possibilità di eventi negativi, nel dubbio, si preferisce applicare il “principio di precauzione” e si blocca tutto.Ma è normale che si parli sempre e solo di rischi e non del rapporto rischi-benefici? Che nemmeno le istituzioni si preoccupino di informare seriamente sulle conseguenze del ritardo tecnologico che ci separa sempre più dagli altri Paesi industrializzati con cui si pretende di competere?Secondo dati del Nimby Forum (l'osservatorio permanente sul tema dei conflitti territoriali e ambientali, organizzato con il patrocinio della Presidenza del Consiglio dei Ministri, del Ministero delle Attività Produttive e del Ministero dell'Ambiente), attualmente (febbraio 2006) in Italia vi sono 139 infrastrutture e impianti la cui realizzazione è oggetto di contestazioni e blocchi da parte di popolazioni ed enti locali. Le contestazioni riguardano ogni tipologia di nuovo insediamento industriale sul territorio: impianti per il trattamento di rifiuti, ponti, strade, ferrovie, elettrodotti, impianti industriali di vario genere e, naturalmente, centrali per la produzione di energia elettrica: non solo grandi impianti termoelettrici, ma anche centrali a biomassa, eoliche, idriche. Questo ha senza dubbio a che fare col principio di precauzione.L'errata applicazione del principio di precauzione: dalla scienza alla scienza rottameLe ricerche sui rischi per la salute umana sono, a volte, fatte abusando dell'epidemiologia, una forma di statistica applicata alla scienza medica nello studio della cause di malattie. Se le cause sono singole, un virus o un microbo, la connessione di causa è relativamente facile, ma se una malattia ha più cause è assai più difficile stabilire un nesso specifico.L'incremento (o la diminuzione) di rischio è attribuito al rapporto tra il numero di malattie in un gruppo di persone che si crede siano esposte al rischio esaminato, per esempio (ridiamoci un pò su, per ora): i pomodori, e il numero di malattie in un gruppo di persone che si crede non siano esposte al rischio. Il numero emergente da tale rapporto è chiamato rischio relativo (RR) [persone esposte : persone non esposte = rischio relativo]. Quindi, se il numero delle malattie è lo stesso negli esposti e non-esposti, il rapporto è 1 e non c'è incremento o diminuzione di rischio. Se il numero delle malattie è maggiore nelle persone esposte il rapporto è maggiore di 1 e il rischio è aumentato, e viceversa se il numero delle malattie è minore nelle persone esposte. Le persone esposte sono chiamate "caso", quelle non esposte sono chiamate "controllo".Quando si parla di rischi di malattie da "pomodori", come malattie cardio-vascolari, cancro ecc., tali malattie possono essere causate da moltissimi fattori (multifattorialità) che in tutta probabilità sono presenti allo stesso tempo, interagiscono tra di loro, ed il loro rapporto ed interazione sono diversi in ogni singolo individuo. Isolare uno dei fattori e misurarlo con precisione è un’impresa difficilissima, se non impossibile. Allora, quando si misura un rischio si fa così: si prende un numero di persone non esposte alla sostanza o pericolo in genere (in questo caso, pomodori) e la si compara con un simile numero di persone che ingerisono o hanno ingerito tale sostanza. Quindi si cerca un aumento della presenza della malattia cercata (esempio: cancro) nelle persone esposte. Un metodo alternativo è di seguire un gruppo di persone per 10 - 20 anni o più ma questi studi, detti longitudinali, comportano grandi spese, ed il dover aspettare decenni per i risultati, e questo contrasta col bisogno della produzione rapida di studi in massa necessaria per costruire la percezione della "montagna di evidenza" indispensabile per la propaganda.Siccome il cancro e le malattie cardiovascolari, come moltissime altre malattie, hanno tanti co-fattori, solo un grosso aumento del numero di cancri tra le persone "esposte" ai pomodori può essere un indicatore significativo dell'esistenza di un rischio di cancro. Ma quanto aumento in percentuale è considerato "significativo" per la scienza seria? Convenzionalmente, per malattie con molti fattori, si considera significativo un aumento che parte dal 200% - 300%. Quindi, anche ammettendo senza concederlo che le misure di esposizione siano attendibili e che i "casi" non mentano più dei "controlli" (cioè il gruppo senza malattie cardio-vascolari o cancri), tale è l’aumento necessario per avere una statistica ipotesi che l’esistenza del rischio rappresentato dai pomodori possa essere plausibile. Diversamente, l'aumento di rischio potrebbe essere dovuto ad altri co-fattori singoli, o agenti tra di loro, che hanno poco o nulla a che vedere con ciò che si cerca di misurare; oppure, molto più banalmente, una elevazione di rischio "piccola" potrebbe essere frutto del caso: cioè della scelta, che si presume casuale, dei "casi" e dei "controlli".Ma che succede in alcuni casi se gli esperti non si attengono a questo metodo autenticamente scientifico? Niente (per il principio di precauzione)L’osservatore attento può notare che un’autorità fa sempre riferimento ad un altra, ma essa stessa non mostra mai le prove al pubblico.Per esempio: la Lega Italiana Tumori si riferisce all’Organizzazione Mondiale della Sanità, che fa riferimento all’Environmental Protection Agency americana, che a sua volta si riferisce all’università di Harvard, la quale si basa su ciò che afferma l’università della California, e così via. In questo gioco delle tre tavolette dell’evidenza, il pubblico viene confuso fino a perdere la traccia, ed viene indotto quindi a basarsi esclusivamente sulla fiducia negli "esperti" che riportano il pericolo. I media, dal canto loro, si guardano bene dal fare domande sulla validità dei risultati e metodi, o perché incompetenti, o perché ciò sarebbe politicamente scorretto. Come si può osare, infatti, mettere in discussione un santone medico? Purtroppo, il fatto che gli errori metodologici o scientifici di uno studio sui pomodori vengano smascherati non fa notizia; che invece uno studio trovi un legame tra i pomodori e qualche assurda malattia, si.Come già detto, i media non mettono MAI in questione la credibilità degli esperti che denunciano il pericolo. In breve, è meglio che la gente smetta di mangiare pomodori (principio di precauzione). Ciò non è poi così orribile, e non mette paura.

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