Questo blog si ispira all'opera di Galileo Galilei che fu uno dei padri del metodo scientifico della scienza moderna. E in nome della scienza vera sono impegnato nella battaglia contro la superstizione, il pregiudizio e l’egemonia delle religioni. E una superstizione è quella che alla base del riscaldamento globale ci sono le attività dell’uomo. Niente di più sbagliato, come è detto in molti articoli di questo sito. Marx, poi, la scienza la applicò anche all’analisi della società e degli aspetti economici di questa, traendone la conclusione che è necessaria una società nuova che viva nel benessere e lontano dalle guerre. L’unione fa la forza, contro il malessere e la solitudine.


I capitali fuggono da un saggio del profitto in caduta tendenziale

-La III sezione del III libro del Capitale di Marx è interamente dedicata alla caduta tendenziale del saggio del profitto.-Che cos'è il tasso o saggio di profitto di un'impresa capitalistica? E' il rapporto (in percentuale) tra il plusvalore e tutto il capitale anticipato: quello variabile (i salari) e quello fisso o costante (macchinari, materie prime, trasporti ecc.).Il "plusvalore" secondo il marxismo è una parte di lavoro non pagata.Secondo Marx, il plusvalore viene determinato dal fatto che la forza-lavoro (la classe operaia) immette nella merce prodotta un valore superiore al valore della propria stessa forza, un valore che può anche essere del 100% e oltre.Il salario viene stabilito all'atto della vendita della forza lavoro, ed è quella quantità di denaro sufficiente a riprodurre la forza lavoro. Cioè il danaro necessario a comprare il mangiare, i vestiti, e a soddisfare i bisogni più elementari del lavoratore.Come si fa a calcolare il plusvalore? Guardando il salario medio che occorre per riprodurre la stessa forza-lavoro. Il salario viene stabilito in maniera anticipata, in rapporto a un certo quantitativo di ore di lavoro (o, nel caso del salario a cottimo, in rapporto a un certo quantitativo di merci prodotte in un determinato tempo). Questo significa che se per il capitalista sono sufficienti 4 ore di lavoro per riprodurre la forza lavorativa impiegata, le altre 4 ore costituiscono plusvalore, cioè pluslavoro non pagato, che in questo caso è del 100%.-Come noto la classe borghese vuol invece far credere che la forza-lavoro sia pagata al giusto prezzo e che il profitto si realizzi unicamente nel momento in cui la merce viene venduta sul mercato. Chiameremo capitale variabile V la quantità di forza lavoro umana impiegata dal capitalista nella produzione.Con C chiameremo la quantità dei mezzi di produzione, materie prime, energia, ecc..Secondo Marx il saggio del plusvalore è dato dal rapporto tra il plusvalore (PV) estratto dallo sfruttamento della forza-lavoro e il capitale variabile anticipato (V), espresso nella formula: PV/V. Di conseguenza il saggio del profitto non è che il rapporto tra la massa del plusvalore e tutto il capitale anticipato: costante (C) e variabile (V). Donde la formula: PV/(C+V), ovviamente moltiplicata per 100.Tutta la lotta del capitale contro il lavoro è, secondo Marx, finalizzata ad aumentare il più possibile il saggio del plusvalore: di qui il prolungamento della giornata lavorativa, la riduzione del costo del lavoro (che può essere ottenuta minacciando licenziamenti o chiusura dell'impresa, oggi diciamo: delocalizzandola), l'aumento dell'intensità o della produttività del lavoro (p.es. tenendo aperta l'azienda 24 ore al giorno, oppure automatizzando taluni processi). Oggi si assiste anche a tentativi di far acquistare azioni dell'impresa quotata in borsa agli stessi operai che vi ci lavorano.In tal modo è evidente che quanto maggiore è la quota di capitale variabile investita (anticipata), tanto superiore (a parità delle altre condizioni) è il saggio del profitto. Detto altrimenti: può ottenere più profitti, in percentuale, un'impresa che investe meno nel capitale costante e di più nel capitale variabile.Ma questa corsa all'aumento della forza lavoro umana impiegata è frenata dal fatto che il costo unitario della merce diminuisce con il maggiore impiego della automatizzazione nella produzione, e quindi con la diminuzione della forza lavoro umana impiegata.L'imprenditore non opera in un'isola deserta: sul mercato non ci sono soltanto gli acquirenti delle sue merci. Ci sono anche imprenditori concorrenti, che producono merci identiche o analoghe, che possono risultare competitive sia nei prezzi che nella qualità. Ogni imprenditore cerca di acquisire il più presto possibile posizioni monopolistiche.E dipende anche dalla capacità dell'imprenditore di economizzare sul capitale costante e di far funzionare al meglio le macchine: non esisterebbe il capitalismo senza rivoluzione tecnico-scientifica. D'altra parte è questa stessa tecnologia che permette un maggior sfruttamento della manodopera quanto a intensità e produttività: basta guardare oggi l'impiego dell'elettronica nella produzione.Va detto che il motivo di questa tendenza al ribasso del saggio di profitto dipende anche dal fatto che tra capitale e lavoro vi è un rapporto conflittuale, antagonistico, tale per cui quanto più è forte la resistenza del lavoratore allo sfruttamento, tanto più l'imprenditore è costretto a investire nei macchinari, aumentandone l'automazione, la produttività. L'imprenditore vuole sfruttare al meglio i propri macchinari, inducendo gli operai a produrre di più in meno tempo.Ma un aumento della produttività, ottenuto migliorando l'efficienza dei macchinari, non aumenta di per sé il saggio del profitto, proprio perché il prezzo delle merci, in un mercato concorrenziale, privo di monopoli, cala in ragione inversa alla loro quantità, nel senso che ogni singola merce contiene in sé meno lavoro umano. In assoluto il profitto lordo aumenta, in quanto si vendono più merci, ma in percentuale diminuisce.Di qui le tendenze del capitale ad affluire verso i settori che producono sovraprofitti e quindi a defluire da quelli i cui profitti sono inferiori a una media astratta annuale, attorno a cui oscillano i tassi di profitto reali dei diversi settori industriali. Questa tendenza è molto evidente quando improvvisamente si vedono chiudere aziende di determinati settori che pur avevano bilanci in attivo.Come ci si difende da questa legge dal punto di vista del socialismo democratico? Supponiamo per un momento che gli operai di un'azienda ne diventino i padroni effettivi e che non esistano condizioni esterne che impediscono di continuare a far funzionare l'impresa.Essi continuano a lavorare come prima, ma ora possono dividere i profitti in parte equa. Possono liberamente decidere di lavorare più di quanto sarebbe loro necessario per riprodursi e, se lo fanno, decidono altresì di ripartirsi equamente il plusvalore ottenuto.Essi sanno di dover piazzare le loro merci nel solito mercato, dove sicuramente incontreranno delle imprese concorrenziali gestite da privati capitalisti. Ora questi operai dovranno adottare uno scambio equo, pagando per le materie prime un giusto prezzo.A questo punto cosa succede? Se tutto viene pagato a un giusto prezzo (materie prime, salari, stipendi, trasporti...), come si potrà reggere la concorrenza di quelle imprese che ancora si basano sullo sfruttamento?Se non si procede in questa direzione, una alternativa al momento sarebbe:Il socialismo burocratico di stato, dove le aziende appartengono allo Stato e tutti i lavoratori sono dipendenti statali, dove il plusvalore viene estorto dallo Stato, riconvertito parzialmente in servizi, dove i prezzi e le tariffe sono tenuti bassi, così come i salari e gli stipendi, dove non esiste un mercato col gioco della domanda e dell'offerta, dove tutto è pianificato dai ministeri statali e dove nei confronti del lavoro si ha un rapporto prevalentemente burocratico, per cui anche chi produce male o poco non subisce conseguenze significative, ecc.;In attesa di trovare una soluzione convincente alla caduta tendenziale del saggio di profitto, è bene rendersi conto che un qualunque ragionamento di sinistra che parli di aumentare la ricerca e l'innovazione, o di aumentare il PIL, senza parlare contestualmente di socializzazione della proprietà almeno nella parte prevalente del mondo industrializzato, alla lunga nuoce agli interessi degli operai e di tutti i lavoratori.I sindacati, i partiti di sinistra non devono fare discorsi per incentivare la competitività delle imprese, ma per dimostrare che nonostante questa competitività il sistema resta invivibile per i lavoratori.E in ogni caso i sindacati dovrebbero mettere all'ordine del giorno l'idea che le ritenute fiscali devono essere calcolate non sull'intero imponibile, ma solo sull'eccedenza che supera il minimo per riprodursi. Questo soprattutto in considerazione del fatto che gli operai, col plusvalore estorto, già contribuiscono al benessere economico.

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