Lo scandalo delle prebende per i cosiddetti "fabbricatori di opinione", lautamente pagati dal pubblico teledipendente, è sotto gli occhi di tutti, anche se tutti - o quasi tutti - volgono lo sguardo altrove.
Che sia una vergogna lo sperpero di denaro pubblico per far vegetare i cosiddetti "rappresentanti del popolo" sui loro seggioloni (ad ogni livello: dal Quirinale alla XVIII Comunità montana), è un fatto.
Ma che i teledipendenti si applichino autonomamente larghe fette di prosciutto sugli occhi per non fare 2 + 2 e contabilizzare quanto loro costa un Fazio (un milione e ottocento euro l'anno) o quanto poteva costare un Crozza alla Rai (5 milioni in 3 anni più 450 mila euro per ogni 22 o giù di lì puntate) è lo scandalo nello scandalo.
Si tratta di denaro forzatamente estorto con il canone dalla Rai (in perenne deficit: 200 milioni circa l'ultimo dato annuale), dove a fronte di 8000 dipendenti fioriscono "collaborazioni esterne" lautamente retribuite.
Il colmo è che una gran parte dei cittadini-vittima si dichiari anche contento dell'estorsione. Il leit-motiv - sapientemente inoculato dai vari portavoce della baracca - è che, per esempio, se Vespa o Fazio rappresentano il comune sentire degli spettatori allora è giusto che siano così ben retribuiti.
Una falsità, un'ipocrisia iniettata a bella posta. E' evidente come costoro - i Fazio, i Vespa e tutti i loro consimili - non "interpretino" affatto il cosiddetto comune sentire, ma siano i "creatori d'opinione" di regime.
E Beppe Grillo lo ha spiegato con dovizia.
In tema di pubblicazione dei compensi di dipendenti e collaboratori Rai, la Relazione annuale 2013 dell’Agcom, presentata in Parlamento lo scorso luglio parla chiaro e afferma, senza ombra di dubbio o di interpretazione, che la tivù di Stato è inadempiente.
Nella relazione infatti, si richiama l’articolo 27 comma 7 del Contratto di Servizio 2010-2012, tutt’ora vigente, che recita: ‘La Rai pubblica sul proprio sito web gli stipendi lordi percepiti dai dipendenti e collaboratori nonché informazioni, anche tramite il mezzo televisivo, eventualmente con un rinvio allo stesso sito web nei titoli di coda, e radiofonico, sui costi della programmazione di servizio pubblico’.
A tutt’oggi questa disposizione non è stata applicata dalla Rai.
Riferimenti: http://www.rinascita.eu/index.php?action=news&id=22521
Lo scandalo delle prebende per i cosiddetti "fabbricatori di opinione", lautamente pagati dal pubblico teledipendente, è sotto gli occhi di tutti, anche se tutti - o quasi tutti - volgono lo sguardo altrove.
Che sia una vergogna lo sperpero di denaro pubblico per far vegetare i cosiddetti "rappresentanti del popolo" sui loro seggioloni (ad ogni livello: dal Quirinale alla XVIII Comunità montana), è un fatto.
Ma che i teledipendenti si applichino autonomamente larghe fette di prosciutto sugli occhi per non fare 2 + 2 e contabilizzare quanto loro costa un Fazio (un milione e ottocento euro l'anno) o quanto poteva costare un Crozza alla Rai (5 milioni in 3 anni più 450 mila euro per ogni 22 o giù di lì puntate) è lo scandalo nello scandalo.
Si tratta di denaro forzatamente estorto con il canone dalla Rai (in perenne deficit: 200 milioni circa l'ultimo dato annuale), dove a fronte di 8000 dipendenti fioriscono "collaborazioni esterne" lautamente retribuite.
Il colmo è che una gran parte dei cittadini-vittima si dichiari anche contento dell'estorsione. Il leit-motiv - sapientemente inoculato dai vari portavoce della baracca - è che, per esempio, se Vespa o Fazio rappresentano il comune sentire degli spettatori allora è giusto che siano così ben retribuiti.
Una falsità, un'ipocrisia iniettata a bella posta. E' evidente come costoro - i Fazio, i Vespa e tutti i loro consimili - non "interpretino" affatto il cosiddetto comune sentire, ma siano i marchettari, gli "opinion makers" di regime.
E Beppe Grillo lo ha spiegato con dovizia. - See more at: http://www.rinascita.eu/index.php?action=news&id=22521#sthash.9g8OovSM.dpuf
Che sia una vergogna lo sperpero di denaro pubblico per far vegetare i cosiddetti "rappresentanti del popolo" sui loro seggioloni (ad ogni livello: dal Quirinale alla XVIII Comunità montana), è un fatto.
Ma che i teledipendenti si applichino autonomamente larghe fette di prosciutto sugli occhi per non fare 2 + 2 e contabilizzare quanto loro costa un Fazio (un milione e ottocento euro l'anno) o quanto poteva costare un Crozza alla Rai (5 milioni in 3 anni più 450 mila euro per ogni 22 o giù di lì puntate) è lo scandalo nello scandalo.
Si tratta di denaro forzatamente estorto con il canone dalla Rai (in perenne deficit: 200 milioni circa l'ultimo dato annuale), dove a fronte di 8000 dipendenti fioriscono "collaborazioni esterne" lautamente retribuite.
Il colmo è che una gran parte dei cittadini-vittima si dichiari anche contento dell'estorsione. Il leit-motiv - sapientemente inoculato dai vari portavoce della baracca - è che, per esempio, se Vespa o Fazio rappresentano il comune sentire degli spettatori allora è giusto che siano così ben retribuiti.
Una falsità, un'ipocrisia iniettata a bella posta. E' evidente come costoro - i Fazio, i Vespa e tutti i loro consimili - non "interpretino" affatto il cosiddetto comune sentire, ma siano i marchettari, gli "opinion makers" di regime.
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