Questo blog si ispira all'opera di Galileo Galilei che fu uno dei padri del metodo scientifico della scienza moderna. E in nome della scienza vera sono impegnato nella battaglia contro la superstizione, il pregiudizio e l’egemonia delle religioni. E una superstizione è quella che alla base del riscaldamento globale ci sono le attività dell’uomo. Niente di più sbagliato, come è detto in molti articoli di questo sito. Marx, poi, la scienza la applicò anche all’analisi della società e degli aspetti economici di questa, traendone la conclusione che è necessaria una società nuova che viva nel benessere e lontano dalle guerre. L’unione fa la forza, contro il malessere e la solitudine.


Scorie nucleari? Nessun particolare problema. Da natura emissioni.

Quando nacque il movimento antinucleare, negli anni Settanta del secolo scorso, gli attivisti strillavano che una eventuale esplosione in un reattore nucleare avrebbe causato 100.000 morti immediati. Quando, alla fine, l’esplosione ci fu (a Chernobyl) i morti per l'esplosione furono 3 (i morti per le radiazioni furono 56. Vedi: http://galileo2010.blogspot.it/2009/03/la-verita-su-chernobyl.html). E furono 3 perché quella di Chernobyl non fu un’esplosione nucleare, né poteva esserlo: per ragioni tecniche che spiegherò un’altra volta, un’esplosione nucleare in un reattore nucleare è impossibile. I disinformatori in servizio permanente effettivo cambiarono mantra: quello delle scorie – stanno ripetendo, come un disco rotto – è un problema irrisolto.
Lo hanno ripetuto talmente tante di quelle volte che è diventata una verità data, urbi et orbi, per assodata. Ma è una delle tante leggende metropolitane, perché l’allocazione sicura dei rifiuti radioattivi è invece un problema di ingegneria semplicissimo e facilmente risolvibile.
Innanzitutto, senza sapere né leggere né scrivere, basti guardare i fatti. Avete mai visto qualche cittadino francese o giapponese additare al problema di cui la Francia o il Giappone – che pure hanno quasi 60 reattori nucleari ciascuno – dovrebbero essere assillati, nel caso fosse, quello delle cosiddette scorie, un problema veramente irrisolto? Per capirne meglio la portata, dovete poi sapere che per produrre 1 gigawatt-anno elettronucleare è necessaria 1 t (tonnellata) di uranio fissile. I consumi elettrici italiani si attestano, oggi, a 40 GW, quindi se tutto il fabbisogno elettrico italiano fosse soddisfatto dal nucleare, gli elementi di combustibile (che contengono il 99% della radioattività) conterrebbero 40 t di scorie radioattive, di volume nominale di circa 4 metricubi. I volumi reali sarebbero molto maggiori, anche perché l’uranio fissile (U-235) è solo il 5% dell’uranio nell’elemento di combustibile, essendo il 95% U-238, che non è fissile. Esso, però, sia chiaro, non è rifiuto prodotto dalla centrale, ma è presente in natura, e dalla natura è stato prelevato per essere poi utilizzato. E non è neanche rifiuto in sé, perché, pur non essendo fissile, l’U-238 è però fertile, cioè è ottimo combustibile per i reattori cosiddetti “veloci”, come lo sono alcuni reattori della ventura IV generazione.
Ad ogni modo: sarebbero questi volumi di rifiuti radioattivi – 5 o 5000 mc/anno che siano – un problema? C’è un’altra cosa che dovete sapere: ogni anno l’Italia produce 50 milioni di mc di rifiuti solidi urbani e 5 milioni di mc di rifiuti tossici altamente pericolosi (cioè pericolosi come le scorie radioattive). Come si vede, i volumi di rifiuti radioattivi in più – anche nell’ipotesi che tutto il fabbisogno elettrico italiano fosse soddisfatto dal nucleare – non sposterebbero la realtà attuale più di tanto.
Un’altra scemenza che viene detta e a pappagallo ripetuta è che le scorie radioattive sarebbero pericolose per migliaia di anni. Chi la dice non capisce che è, questo, un pregio e non un difetto dei rifiuti radioattivi: la pericolosità dei rifiuti radioattivi diminuisce nel tempo, fino ad esaurirsi del tutto; al contrario di ciò che accade per i (mille volte più voluminosi) rifiuti tossici altamente pericolosi che già produciamo, la cui pericolosità è, invece, per sempre.
L’allocazione sicura dei rifiuti radioattivi, lungi dall’essere un problema irrisolto, è invece, dicevo, un problema di ingegneria semplicissimo e facilmente risolvibile. Ma esso diventa un problema risolto ad una sola condizione: che si individui il sito per un deposito, anche solo di superficie, di questi rifiuti, e si metta in cantiere la sua rapida realizzazione. Energia elettronucleare o no, il Paese produce rifiuti radioattivi, e allocarli in un appropriato deposito come fa tutto il resto del mondo non è un’opzione, ma un dovere, verso noi stessi e verso le generazioni future. Il successo di quanto detto dipende solo dal successo con cui si veicola il seguente messaggio: un deposito di rifiuti radioattivi non è, come irresponsabilmente strillano gli ambientalisti, una discarica radioattiva, ma è un centro di radioprotezione a tecnologia avanzata, e gli abitanti vicini ad esso – oltre a godere dei benefici per la presenza di tal centro e per gli inevitabili compensi da chi vi alloca i propri rifiuti radioattivi – potranno vantarsi di essere, senza alcun dubbio, i cittadini meglio radioprotetti del Paese.
Se poi volete divertirvi a terrorizzare la gente, pronunciate la parola «nucleare» ed il gioco è fatto: una parola una garanzia. Pensate, una delle più potenti tecniche diagnostiche in medicina - la risonanza magnetica nucleare - ha dovuto cambiare nome: c’è chi la chiama risonanza magnetica, chi, più esterofilo, magnetic imaging, ma nessuno cita l'essenza della tecnica, che è nucleare.
La radioattività è presente dappertutto in natura:
E poco importa che i nuclei di cui trattasi sono quelli del vostro corpo. Il quale, tra l'altro, emette di suo una buona dose di radioattività, perché radioattivi sono alcuni nuclei che lo compongono, come il carbonio-14 o il potassio-40, contenuti in abbondanza anche nei cibi di cui si nutre, compresa l'insalata biologica: alla radioattività siamo esposti tutti i giorni e ce la portiamo dietro ovunque andiamo. Inoltre, siamo esposti quotidianamente a radiazioni provenienti dallo spazio extraterrestre e da altri nuclei radioattivi presenti in natura: come ognuno di noi, anche ogni fiocco di neve, ogni zolla di terra, ogni mattone delle nostre case, emette radiazioni. Viviamo quindi immersi in un rumore di fondo naturale sul quale non abbiamo controllo e col quale dobbiamo convivere. Quanto è elevato? Dipende da dove viviamo. In media, ciascuno di noi è esposto a una dose annua di circa 2.2 mSv (milliSievert, l'unità con cui si misura la dose radioattiva), ma gli abitanti di Napoli sono esposti a una dose quadrupla rispetto a quelli di Aosta; e in piazza S. Pietro, lastricata con cubetti di porfido naturalmente radioattivi per via del torio in essi contenuto, la dose è quasi doppia di quella entro il raggio di 30 km dell'area proibita attorno a Chernobyl.
Ma vi sono luoghi della Terra (in India o Brasile, per esempio) ove le popolazioni sono esposte a dosi anche 100 volte maggiori, senza che si osservino in esse maggiori incidenze di alcuna patologia legata alle radiazioni. Persino a quei sopravvissuti di Hiroshima e Nagasaki che furono esposti a dosi istantanee di 200 mSv non è stato riscontrato alcun aumento di incidenza di cancro, né, a distanza di 60 anni, nella loro progenie.
Le attività umane hanno elevato quella dose annua a 2.8 mS, ma il 95% dell'aumento è dovuto alla diagnostica medica ai raggi X, visto che tutti noi, prima o poi, una radiografia la subiamo: le centinaia di esplosioni effettuate per test nucleari, ad esempio, hanno contribuito per meno dell'1% all'aumento del dosaggio.
Le misure di sicurezza adottate per tutte queste attività sono spropositate e sono state concepite accondiscendendo a due ipotesi di lavoro sconfessate dalla scienza: che non vi sarebbe dosaggio non innocuo e che il danno sarebbe direttamente proporzionale alla dose. Purtroppo, grazie alle istanze di un'opinione pubblica tenuta sotto pressione da allarmismi ingiustificati voluti da speculatori irresponsabili, quel che era un'ipotesi di lavoro è diventata una pratica scientifica; che non è precauzione e neanche sicurezza: mantenere standard di sicurezza per proteggersi da finti pericoli è dannoso e immorale, perché i costi necessari stornano denaro da reali emergenze.
Inoltre, ciò che andava usato per soli scopi radioprotezionistici, è stato usato per scopi diagnostici di radiopatologie. E così, per dire, siccome un individuo muore se esposto, istantaneamente, a 1000 mSv, è stato deciso che se 1 milione di individui sono esposti a 1 mSv aggiuntivi, allora di essi 1000 devono morire. Ed è su questo uso creativo della statistica che sono diffusi i più subdoli allarmismi, quelli che hanno fatto sì che il numero maggiore di decessi del disastro Chernobyl fu dovuto ai suicidi di individui terrorizzati dai mercanti di terrore.Riferimenti:

2 commenti

  1. Mi sembra chiaro e lapalissiano che l'autore non è ne un ricercatore ne un fisico, al massimo un buon copia incollatore.
    Ma dire che i rifiuti radioattivi "sono un pregio e non un difetto"magnifico che fico fra 10000 anni potrò andare a fare una passegiata sul montarozzo di rifiuti!
    Io intanto mi godo il mio panello da 3kWp (che funziona anche quando è nuvolo perchè non vuole solo la radiazione visibile per funzionare!) e per i miei consumi sono energeticamente indipendente!!
    Il futuro sono le SmartGrid e il peer-2-peer energetivo, ormai il nucleare è il passato.
    Saluti.

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  2. @Anonimo,
    mi vuoi dire dove hai comprato i tuoi fantasmagorici pannelli solari che producono anche senza energia visibile? Io non trovo nessun riscontro a quanto dici in proposito. Vuoi spiegarmi meglio?

    "Peer to peer" e "smartgrid" sono la stessa cosa.
    Affinché le fonti energetiche rinnovabili, pur preziosissime, possano diventare protagoniste, è necessario, almeno per alcune di esse, un significativo abbattimento dei costi e un corrispondente aumento dell’efficienza di conversione energetica, fatti che non appaiono immediati e che sono costosi; rendendosi altresì necessario modificare profondamente le infrastrutture ed in particolare le reti elettriche. A tale proposito basti citare l’episodio accaduto di recente, e precisamente domenica 11 ottobre 2009. Sul nord Europa soffia un forte vento e la produzione di energia da fonte eolica è ai massimi livelli nell’area ad est di Berlino, ma fabbriche, negozi ed uffici sono chiusi e la domanda di energia elettrica è ai minimi. All’EEX (European Electricity Exchange) il prezzo dell’elettricità diventa negativo, ossia per vendere elettricità occorre pagare: sembra infatti che la società svedese Vattenfall Transmission, proprietaria della rete elettrica Berlino-Est, abbia dovuto sborsare 4 milioni di euro in due ore, pur di vendere l’energia elettrica da fonte eolica in eccesso ed evitare un black –out.

    E’ uno degli inconvenienti delle fonti rinnovabili, la cui produzione elettrica, inevitabilmente di natura aleatoria e fluttuante, mal si concilia con le caratteristiche della rete elettrica europea, che prevede solo rare connessioni bilaterali tra paesi. Per far fronte ad una crescente produzione di elettricità da fonti rinnovabili, è stato stimato che occorrerà adeguare la rete elettrica europea, creando una “Super Smart Grid” (rete di distribuzione computerizzata-nda)e mettendo in campo investimenti di 600 miliardi di euro nell’arco di 40 anni.

    La fissione nucleare può pertanto rivestire – quantomeno - il ruolo importantissimo di tecnologia–ponte, tra l’attuale sistema energetico, basato su petrolio, gas e carbone, e il sistema energetico del futuro, basato sulle fonti energetiche rinnovabili e magari sulla fusione nucleare.

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