Questo blog si ispira all'opera di Galileo Galilei che fu uno dei padri del metodo scientifico della scienza moderna. E in nome della scienza vera sono impegnato nella battaglia contro la superstizione, il pregiudizio e l’egemonia delle religioni. E una superstizione è quella che alla base del riscaldamento globale ci sono le attività dell’uomo. Niente di più sbagliato, come è detto in molti articoli di questo sito. Marx, poi, la scienza la applicò anche all’analisi della società e degli aspetti economici di questa, traendone la conclusione che è necessaria una società nuova che viva nel benessere e lontano dalle guerre. L’unione fa la forza, contro il malessere e la solitudine.


Rifiuti. L'UE boccia il falso ambientalismo

Ecco il risultato dei veti ad ogni cosa da parte dei falsi ambientalisti:
Decine di milioni di euro in contributi dell’Unione Europea destinati al nostro Paese letteralmente finiti nella monnezza e l’Italia ridotta a fare la parte dell’azzeccagarbugli nel tentativo disperato di recuperarli.

Questo è il risultato del rifiuto del popolo, guidato dai falsi ambientalisti, ogni soluzione razionale e scientifica del problema.

E’ una brutta storia italiana tanto che si guardi al metodo che al merito quella che rimbalza dal Lussemburgo attraverso il comunicato stampa con il quale il Tribunale dell’Unione Europea annuncia di aver appena rigettato il ricorso proposto dall’Italia avverso la decisione con la quale la Commissione Ue le aveva negato il diritto a vedersi rimborsare decine di milioni di euro di fondi strutturali parte degli oltre 90 milioni investiti in svariate operazioni relative al sistema regionale campano di gestione e di smaltimento dei rifiuti  tra il 1999 ed il 2009.

La storia è tanto semplice quanto sconcertante e preoccupante.

Il nostro Paese presenta alla Commissione un progetto da oltre 90 milioni di euro per l’esecuzione, tra il 1999 ed il 2009 [n.d.r. il termine originario era 2008] di una serie di importanti opere connesse con il ciclo dello smaltimento dei rifiuti in Campania e la Commissione lo approva, impegnandosi a finanziarci con il 50%, oltre 45 milioni di euro, cento mila in più o centomila in meno.

Approvato il progetto, tuttavia, la Commissione dell’Unione Europea si accorge – senza per la verità fare grande fatica considerato lo scandalo dei rifiuti che colpisce e travolge la Regione Campania – che il nostro Paese, nella realizzazione del progetto, ha disatteso la disciplina europea ed apre dunque una procedura di infrazione contro il nostro Paese reo “di non aver garantito che, in Campania, i rifiuti fossero smaltiti senza pericolo per la salute dell’uomo e senza recare pregiudizio all’ambiente e quindi di non aver creato una rete integrata e adeguata di impianti di smaltimento, in violazione della direttiva sui rifiuti”.

Nel 2010 la Corte di Giustizia dell’Unione Europea, dando ragione alla Commissione UE, “constata l’inadempimento dell’Italia che, non avendo adottato tutte le misure necessarie per lo smaltimento dei rifiuti nella regione Campania, aveva in tal modo messo in pericolo la salute umana e danneggiato l’ambiente”.

A quel punto la Commissione Ue assume l’unica decisione sensata su di un piano logico prima ancora che giuridico: comunica all’Italia che non intende continuare a finanziare un progetto gestito in violazione della disciplina europea, esponendo a rischio la salute dei cittadini e danneggiando l’ambiente.

Su questo presupposto la Commissione respinge al mittente una serie di richieste di rimborsi provenienti dal nostro Paese in relazione allo smaltimento dei rifiuti in Campania, per decine di milioni di euro. L’Italia non ci sta e prova a giocare a fare l’azzeccagarbugli davanti ai Giudici del Tribunale del Lussemburgo sostenendo che gli inadempimenti alla disciplina Ue accertati dalla Corte di Giustizia non avrebbero nulla a che fare con le operazioni cui si riferivano i finanziamenti richiesti.

Il Tribunale, però, non si lascia convincere e con la sentenza dello scorso 19 aprile, rigetta il ricorso del nostro Paese e conferma la bontà della scelta della Commissione Ue di bloccare i rimborsi di finanziamento all’Italia.

Decine di milioni di euro, già nostri – o meglio nostri se chi aveva la responsabilità di occuparsi del sistema campano di smaltimento dei rifiuti lo avesse fatto bene ed onestamente – finiscono così nella monnezza. Al danno si aggiunge la beffa: non solo ci siamo ritrovati sulle spalle decine di milioni di euro di conti da pagare che pensavamo avrebbe saldato Bruxelles ma abbiamo anche fatto la figura di quelli che provano a fare i “furbi” ad ogni costo.

L’auspicio, a questo punto, è chi ha sbagliato – e sono in tanti – paghi davvero, nel modo più severo possibile non solo per aver contribuito ad allargare i buchi di un bilancio che è ormai un colabrodo ma anche e soprattutto per la figuraccia che ci ha fatto fare agli occhi dell’Europa intera.

Esiste un modo razionale di affrontare e risolvere il problema dei rifiuti solidi urbani (Rsu)? La risposta è sì: basta attenersi a semplici regole. La prima delle quali deve essere: fare il contrario di ciò che dicono i Verdi (e De Magistris) di fare. Non è polemica, è la realtà delle cose. Quello dello smaltimento dei Rsu è un problema relativamente semplice, che in tutti i Paesi sviluppati è stato risolto in modo pragmatico, e che in Italia appare ancora un problema tecnico e gestionale insuperabile, giacché si continuano a proporre cervellotici sistemi alternativi, tipo la raccolta cosiddetta porta-a-porta o la raccolta differenziata spinta. Non sono contrario alla raccolta differenziata. Ma lo schema dovrebbe essere il seguente:

Lo schema oramai consolidato, a livello internazionale, per la chiusura del ciclo di gestione dei Rsu consta delle seguenti fasi. 1) Raccolta differenziata solo fino al raggiungimento della saturazione del mercato delle materie recuperate: non oltre, altrimenti tutto il materiale recuperato in più è inviato inevitabilmente in discarica o all’incenerimento, ma a costi molto elevati. 2) Dai rifiuti che rimangono a valle della raccolta differenziata, recuperare materiale combustibile di qualità (Cdr). 3) Incenerire con produzione di energia elettrica e calore la parte residua (separata da metalli e inerti) dalle due fasi precedenti. 4) Smaltire in discarica i residui provenienti dalle tre fasi precedenti (residui dagli impianti di valorizzazione del materiale della raccolta differenziata, dagli impianti di produzione di Cdr, e residui dagli inceneritori).

I rifiuti di Napoli sono non solo quello scempio che vediamo in televisione, ma soprattutto le ecoballe accumulate per anni, che, lo si volesse fare con un solo inceneritore, richiederebbero almeno 10 anni per smaltirle. Nel 2008, durante le amministrazioni di sinistra (governo, regione, provincia e comune) i napoletani si trovarono oltre 2 milioni di tonnellate di Rsu sul groppone: non avendo inceneritori ed avendo esaurito le discariche, spedivano i propri Rsu ai tedeschi, che applicavano una tariffa di oltre 200 euro per tonnellata (escluso il trasporto).

Cosa fare, allora? Punto primo, dichiarare un temporaneo stato di emergenza nazionale. È necessario per impedire, con la forza della legge, le protesta che si solleveranno, possiamo esserne sicuri, qualunque siano le decisioni prese. Punto secondo: chiedere ai Comuni che ospitano i 50 inceneritori che vi sono in Italia (di fatto obbligarli, in nome dello stato d’emergenza del punto primo) di far lavorare in continuo i loro impianti fino a che la Campania non rientri nella norma. Si versino nelle casse degli impianti e dei relativi Comuni i 200 euri per tonnellata che nel passato erano state versate nelle casse dei tedeschi, e utilizzare parte di quei proventi per ridurre la Tarsu ai cittadini di quei Comuni. Punto terzo: avviare un programma di informazione nazionale sulla necessità di raddoppiare il parco nazionale degli inceneritori, facendo ben presente a tutti che l’incenerimento (magari accoppiato col recupero energetico) è il metodo più sicuro per la salute e più rispettoso dell’ambiente di smaltire i nostri rifiuti ordinari. Punto quarto: avviare – dichiarandola necessità nazionale indifferibile – la costruzione degli impianti di incenerimento in Campania e nelle altre regioni che ne sono carenti, programmando anche la riduzione delle discariche. Le proteste velleitarie siano perseguite in nome del punto primo, invocando, ove necessario, il reato di procurato allarme.

Riferimenti:
-http://www.ilfattoquotidiano.it/2013/04/22/fondi-ue-milioni-di-euro-finiti-nella-monnezza-campana/571346/
-Studi del Prof Franco Battaglia dell'Università di Modena

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